Booking.com alleggerisce le clausole di Rate Parity per gli hotel australiani

La rate parity è da sempre un argomento controverso nel settore alberghiero e negli ultimi mesi tale pratica è stata messa sotto duro attacco da parte delle istituzioni. Alla schiera di Paesi che sono intervenuti sul tema si aggiunge anche l’Australia.

Nonostante sembrasse che le controversie legate alla rate parity riguardassero principalmente USA ed Europa anche l’Australia si è aggiunta alla schiera di Paesi che stanno intervenendo per contrastare questa politica introdotta dalle OTA.

L’obiettivo, come in altri casi, è quello di restituire agli hotel la propria indipendenza imprenditoriale, permettendogli di scegliere liberamente quali tariffe applicare su ciascun canale. Dopo l’intervento dell’antitrust australiano sulle orme di Francia, Germania, Italia e altre nazioni, anche in questo caso Booking.com ed Expedia si sono trovate a dover scendere a compromessi.

Come riportato da TravelTrends A partire dal 1° settembre il portale di Priceline ha accennato di ridurre le limitazioni imposte attraverso le clausole di rate parity, permettendo agli hotel di caricare tariffe più basse su altri canali ad esclusione del sito ufficiale, come fatto in diversi Paesi europei a seguito delle indagini delll’Antitrust.

Ecco di seguito le novità introdotte attraverso l’accordo tra ACCC e Booking.com:

  • Gli hotel potranno caricare tariffe, condizioni e disponibilità diverse sulle altre OTA;
  • Le strutture potranno offrire tariffe e condizioni più vantaggiose attraverso i canali offline  (prenotazioni telefoniche e walk-in) a patto che queste non vengano promosse online;
  • Gli hotel saranno comunque obbligati a mantenere la rate parity tra Booking.com e il sito web ufficiale della struttura (inclusi metamotori come Trivago, Kayak, TripAdvisor e Google Hotel Finder).

Nonostante Booking.com abbia quindi concesso maggiore libertà alle strutture ricettive australiane, rimane il divieto di pubblicare tariffe più vantaggiose sul canale diretto. Nonostante questo “dettaglio” appare evidente come la rate parity sia sempre più osteggiata non solo dagli hotel, ma anche dalle istituzioni governative. 

Già in Francia e Germania le clausole di rate parity sono state vietate per legge e in Italia gli albergatori sono tuttora in attesa di sapere se e quando l’abolizione diventerà realtà, permettendo agli hotel di offrire un vantaggio economico anche sul canale diretto.

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Pubblicato il: 5 Settembre 2016

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