Partiamo da un assunto abbastanza lapalissiano, viviamo nell’era della globalizzazione e il turismo globale ne è la prima espressione. Su questo ci siamo tutti, lo diamo per assodato, noi per primi siamo perfettamente abituati a scegliere se andare in vacanza a Tulum o a Bali, a Hurgada o ad Amsterdam.
Come soprattutto gli addetti ai lavori sanno, ormai siamo abituati a sbattere la testa con clienti provenienti da ovunque, ognuno con le caratteristiche tipiche di ciascuno popolo, con le loro delizie e molto spesso, con le loro croci.
Concentriamoci un momento su questo aspetto, turismo globale infatti significa davvero avere a che fare con tizi che ci piombano qui in Italia spesso senza avere conoscenza alcuna del nostro Paese a livello di storia, geografia (avete presente quelli che vi chiedono stanza vista mare a Firenze, oppure un taxi per il Partenone a Roma etc.), cibo (do you have Fettuccini Alfredo?), e infine cultura.
Ora, calma e sangue freddo, so che a molti di voi ciò che andrò a scrivere tra poco farà accapponare la pelle, ma parliamo un secondo di come sono vissute le barriere culturali proprio da chi viene a trovarci e a spendere i suoi soldi da queste parti, con lo scopo ultimo di anticipare eventuali problemi e, soprattutto, di fornire un servizio migliore, ma anche di creare offerte dedicate ai clienti più accattivanti con tutti gli annessi e connessi a livello di brand reputation e ROI.
Spesso noi italiani, anche molti operatori del settore, diamo per scontati certi aspetti di noi stessi e del nostro Paese che per gli stranieri non lo sono per niente. Da un’analisi di forum di viaggio, di studi di settore, di social network come Quora e di articoli specifici, si trovano abbondanti esempi di questo discorso, senza dover andare a parare sui soliti temi triti e ritriti delle arretratezze della nostra offerta turistica o sul degrado di alcune aree.
Quindi, tutto ciò premesso: benvenuti alla top 25 degli shock culturali dei turisti stranieri in Italia!
I primi 10 li riprendiamo pari pari da un articolo di Business Insider esattamente su questo tema:
Ovviamente queste per via dell’audience della testata in questione è un elenco molto americanocentrico, ma vedremo che può essere valido per tutti
- Il Rumore: per strada, nei ristoranti e nei locali, della gente che parla ad un volume eccessivo. In paesi più silenziosi del nostro questo è effettivamente un aspetto che colpisce ma che è considerato folkloristico, esotico.
- I pasti, ordine delle portate e tempistiche. Questo per molti è un rebus, già a partire dalle portate, e dal fatto che è modulare. Tenete conto che normalmente nel mondo si mangia un’unica portata, tutt’al più c’è un entreè ed un dessert, ma aperitivo, antipasto, primo, secondo, contorno, dessert, frutta caffè e ammazzacaffè sono in grado di mandare in tilt anche un professore del MIT. Per non parlare del fatto di stare a tavola due ore, follia pura! Vogliamo aggiungerci il parlare di altro cibo mentre si sta mangiando? E ora non dite che ieri al pranzo della domenica non vi siete messi a parlare di qualcosa di eccezionale che avete mangiato o volete mangiare, non vi credo. Ah, si stupiscono un po’ tutti che siamo magri e in forma nonostante l’idea che mangiamo pasta e pizza tutti i giorni. Anche questo deriva dalla cultura italo americana, e dal fatto che quella cucina è molto pesante. Poi in America credono che mangiare carboidrati faccia ingrassare, non il panetto di burro impanato impaccettato e fritto che si mangiano in mezzo ad un cheesburger che sfamerebbe un plotone di alpini. No no…
- La colazione dolce (e di scarsa quantità). Si legge spesso “Breakfast is a poor thing here”. Questa chiama in causa direttamente gli operatori ricettivi e spesso è una pecca sul quale si dovrebbe lavorare, dobbiamo smettere di pensare che ce la caviamo (anche al netto dei costi) con uova strapazzate, wurstel e pancetta. Tempo fa ho fatto un confronto tra ilbreakfast di una struttura di catena a Bali 4s e una parigrado italiana in zona di primo piano. confronto impietoso. Diamoci da fare al riguardo, troverete fior di spunti online su questo tema.
- Il gesticolare, che però è considerato distintivo della nostra cultura. Ne riparlo al punto 18
- La devozione alla famiglia, anche nei locali pubblici riguardo I bambini. Questo è un po’ lo stereotipo classico dell’italiano mammone, ma per quanto concerne i bambini stupisce il fatto che siano lasciati molto liberi di comportarsi e che siano un po’ “divinizzati”, passatemi il termine. In alcune culture c’è molta meno tolleranza verso gli schiamazzi dei pargoli. Guardate quanti hotel Children free stanno nascendo nel mondo.
- La rabbia stradale, sia per il modo di guidare per il quale siamo considerati notoriamente un misto tra Mario Andretti (andatevi a vedere chi è) e dei pazzi usciti da un manicomio criminale. Che volete, ci piace la velocità, ma una cosa che colpisce è anche le urla e gli insulti che siamo capaci di lanciarci nel traffico per poi proseguire ognuno per la propria strada.
- Lo spazio personale. Riguarda il fatto che per noi la distanza fisica è molto più relativa, sia negli ambienti pubblici che quando si parla, come anche il fatto che noi siamo abituati a toccare il corpo della persona con cui parliamo. Per la gran parte dei popoli, non solo gli americani, è l’esatto contrario e la mancanza di distanza fisica è considerata irritante. Per le donne a volte intimidisce proprio.
- La “siesta”, che sarebbe in realtà la chiusura pomeridiana dei negozi. Vabbè, parliamo di una cosa molto anni ‘80, come anche le chiusure domenicali che almeno nelle grandi città vanno diminuendo sempre più. Però per gente che viene da posti che vivono h24 ancora colpisce questa mancanza di flessibilità. Viene apprezzato però che i negozi chiudano anche verso le 20.00, rispetto ad altri paesi europei dove chiudono molto presto.
- Il Caffè. Dalle tipologie di caffè all’esperienza bar, d’altronde è notorio che abbiamo più di un centinaio di modi diversi di bere il caffè secondo i propri gusti. Sappiate che il “Barista”, scritto esattamente così, è un lavoro estremamente rispettato all’estero, quanto uno chef. Giocateci su questo aspetto, ma non dimenticatevi che gli stranieri bevono il caffè in modo diverso da noi, spesso però con tradizioni e culture pari alla nostra. Quella che noi chiamiamo in maniera molto elegante “acqua zozza”, cioè il caffè filtro, è bevuto praticamente in ogni paese della terra tranne che da noi. Farlo trovare a colazione è un sintomo di attenzione verso i desideri dei nostri clienti. D’altronde non ditemi che nessuno di voi al terzo giorno che sta all’estero non ulula perché non trova un espresso decente. Perché per gli stranieri non dovrebbe essere lo stesso?
- Slow Life, nel bene (i ritmi lenti) e nel male (la mancanza di puntualità). Generalmente ho notato che più che una pecca alla fine della fiera questa viene vista come una caratteristica positiva, simbolo della nostra capacità di goderci la vita. Non per la puntualità, quello è considerato un tratto odioso, non ci sperate.