La cucina italiana non è la migliore del mondo

Oggi mi diverto, anche perché il tema di questo articolo è parecchio controverso e di solito fonte di polemiche: il cibo, o meglio, la cucina che dovremmo proporre ai nostri clienti.

Andiamo con calma e partiamo dall’inizio e da un presupposto molto duro da accettare: la cucina italiana, cari miei, NON è la migliore del mondo.

E’ solo una delle preferite del mondo, ma se la batte quanto meno ad armi pari con le cucine orientali, con quella messicana e, con un nemico molto più subdolo e da noi poco considerato: l’Italian Sounding (cos’è, lo vediamo più avanti). Ora, a noi albergatori italiani e romani in particolare, cosa c’interessa di questo discorso? Parecchio direi, non per altro perché il nostro mercato sta diventando sempre più internazionale e meno italiano. Lo sapevate che quest’anno negli alberghi del Belpaese, per la prima volta nella storia, il 52% di presenti sono stati stranieri e non connazionali? Ciò vuol dire che alla parola “internazionalizzazione” dobbiamo dare qualche accezione diversa oltre a quella commerciale, ad esempio quella gastronomica.

Nel 2012 è stato pubblicato un divertentissimo studio da parte della Oxfam (confederazione internazionale di oltre 15 ONG) che ha svolto una ricerca in diversi paesi di tutto il mondo su quali fossero cucine e piatti preferiti. Bene, sinteticamente i risultati dicono che la pasta è il piatto preferito in assoluto, ma la cucina cinese batte quella italiana, terzo posto per quella indiana. Ve lo aspettavate?

I migliori cibi al mondo

Tornando alle pietanze, troviamo la pizza, poi il riso e, via così dicendo, patatine, lasagne etc. etc. Molto divertente anche una americanissima classifica fatta dalla CNN dei 50 migliori cibi del mondo (con i paesi d’origine), ecco i primi 10 in ordine di classifica:

  1. Massaman Curry, Thailandia
  2. Pizza Napoletana, Italia
  3. Cioccolata, Messico
  4. Sushi, Giappone
  5. Anatra alla Pechinese, Cina
  6. Hamburger, Germania
  7. Penang assam Laksa, Malaysia
  8. Tom Yum Goong, Thailandia
  9. Gelato, USA (????)
  10. Pollo Muamba, Gabon

Aggiungo solo che le Lasagne sono al 23° posto e il Prosciutto di Parma al 31°. Questa è tutta l’Italia del cibo, secondo questo meraviglioso ranking, preceduta da genuine delizie quali Donuts, Sheperd’s Pie e altre amenità. Evito commenti…

Tuttavia dobbiamo trarre una considerazione da entrambe queste classifiche, i gusti cambiano e il nostro compito è assecondare le richieste della clientela e, di fatto, nel futuro ci troveremo sempre di più a dover fornire una risposta alle esigenze di quest’ultima. Mettiamocelo in testa, l’aumento dei flussi turistici internazionali è esponenziale, nel 2013 per la prima volta è stata abbattuta la barriera del miliardo di viaggiatori complessivi, questo soprattutto grazie all’apporto degli ormai arcinoti BRICS (Brasile, India, Cina, Russia e Sud Africa). Iniziamo anzi a familiarizzare con un nuovo acronimo sempre più di moda in economia: MINT (Messico, Indonesia, Nigeria e Turchia). Sempre più clientela verrà nei nostri alberghi da questi paesi, tuttavia intercettiamo percentuali minime di questi turisti rispetto ad altri paesi competitor, in gran parte per le nostre debolezze strutturali, ma molto anche a causa della scarsa internazionalizzazione della nostra offerta turistica e ricettiva.

La discussione sarebbe ampia, atteniamoci al momento al discorso inerente il Food & Beverage e al suo intrecciarsi con le dinamiche economiche e sociologiche. Come dico sempre, ponetevi in primo luogo dal punto di vista vostro e di quando viaggiate. Amici miei, dopo quanti giorni ululate perché non vi fanno un espresso decente all’estero? Sfido inoltre chiunque di voi a dirmi che la pasta non vi manca e, al contrario, quanto adorate le colazioni che vi offrono negli hotel (caffè a parte). Chi mi dice che non è così, sinceramente non ci credo.

Il concetto dunque è quello di rivolgersi verso il mercato internazionale, discorso che per noi di Roma diventa sempre più pressante. Partiamo dal presupposto che nessuno qui ha la minima intenzione di svilire la grande cultura e tradizione italiana, in particolare gastronomica (sia mai!), la parole d’ordine devono essere semplicemente RINNOVAMENTO e INTEGRAZIONE!

Teniamo in considerazione quel che vuole questa gente e riflettiamo che la visione che noi abbiamo di noi stessi magari non è correttissima o, forse, non è quello che il turismo di massa desidera.

Rimanendo strettamente nell’ambito del F&B, sarebbe opportuno che nelle nostre aziende si inizi a riflettere su menù che propongano anche piatti internazionali, ovviamente con ingredienti di qualità italiani. Ciò perché magari all’americano del Nebraska o al cinese del Wenzhou (che per inciso è da dove viene la maggioranza dei cinesi residenti e turisti in Italia) può essere che del prestigiosissimo lardo pancettato di Roccamuffola o del formaggio impuzzonito della Valdiboh magari non solo non sappia cosa sia, ma che non gliene freghi niente, che non gli piaccia, non si fidi e neanche comprenda mai di che si preziosa gemma si tratti!

Italian Sounding

Signori, ed eccoci all’Italian Sounding, ossia alla cucina italiana filtrata e contraffatta nel mondo, questa è gente cresciuta con la Pizza di Sbarro e Pizza Hut, pensando che sia oltretutto nata in America! Che crede che il top della pasta siano gli ormai famigerati “Fettucini Alfredo” o i ravioli in scatola e che, soprattutto, ha esportato e adottato in tutto il mondo questo modello, facendolo diventare quello di riferimento per il nostro paese, in Occidente come in Oriente. Quello che si pensa di noi nel mondo è filtrato dalla nostra immagine internazionale, in primo luogo sulla base di quella italo americana. Per molti noi siamo i “Guido” di Jersey Shore, non Umberto Eco, I’m Sorry e solo da poco si sta imponendo il modello Farinetti.

Iniziamo appunto a pensare ad alcuni fenomeni di successo in cui si è riusciti a coniugare la nostra qualità con il gusto internazionale. Eataly su tutti, ma pensate che abbiano aperto a caso la nuova Hamburgheria a Via Veneto? Mmm: Dolce Vita + alta concentrazione hotel di lusso + prodotti di qualità italiani + piatto internazionale per eccellenza. Non mi pare che ci voglia un genio del marketing per capire il motivo di una simile scelta… E noi cosa vogliamo fare?

Scendiamo ancora più nello specifico del discorso e tocchiamo un ambito che riguarda sicuramente tutti noi, ossia la colazione. Bene o male tutti la offriamo nei nostri alberghi, chi a pagamento e chi inclusa, chi a buffet e chi alla carta, fatto sta che, al di sotto di una certa categoria, è difficile trovare una colazione che vada oltre l’Intercontinental Breakfast, ancora più raro una che preveda proposte per i turisti asiatici o per specifici segmenti di mercato, magari con utilizzo di prodotti biologici o anallergici amati per esempio nei paesi nord europei. Generalmente non si va oltre una colazione all’italiana un po’ arricchita, prettamente a base di caffè, cappuccino e qualche brioche, con un po’ di affettati e qualche prodotto da frigorifero, senza pensare che per la stragrande maggioranza della popolazione mondiale la colazione rappresenta il pasto principale della giornata.

Arriviamo quindi allo scopo di questo articolo, ossia offrire proposte e soluzione che possano rispondere alle esigenze della clientela senza intaccare il budget, ma garantendo al contempo un ritorno d’immagine congruo e in grado di costituire una potente leva di marketing. Credetemi, chi vi scrive parla per esperienza personale, dopo aver verificato che il breakfast costituiva un punto debole…

Tre importanti suggerimenti

Ora, senza voler andare ad analizzare ogni singola colazione di ogni paese, vi voglio proporre semplici spunti su cui basarvi. In primo luogo prendete in considerazione i segmenti di mercato con cui già lavorate e quelli su cui volete investire. Secondo aspetto da affrontare, ovviamente, sono le risorse umane ed economiche a vostra disposizione. Inutile mettere tutto, in particolare in alberghi medi e piccoli. Meglio pochi prodotti ma vari come sapori, facilmente rimpiazzabili. Terzo punto, puntare sicuramente sui prodotti locali e a km zero, sia per abbattere i costi che una corretta proposizione di valore

Infine, attingere con creatività al panorama gastronomico italiano, anche salato e caldo, per sorprendere la vostra clientela. Una delle colazioni che mi è rimasta più impressa è stata in un albergo di Matera dove la colazione prevedeva crostate e dolci rigorosamente fatti in casa, formaggi e salumi locali ma anche ricotta (molto famosa negli USA), frittata di patate, insalata caprese, verdura fresca a pinzimonio e molto altro. L’albergo era pieno di stranieri e come se la pappavano la colazione… Parlando degli ingredienti, c’è sicuramente una base da cui partire, tenendo presente che gran parte delle colazioni di origine europea si assomigliano, ingrediente più ingrediente meno.

Sicuramente partiamo dalle uova e dal bacon, che non possiamo più esimerci di non mettere nel buffet: fritte, strapazzate, omelette o italianissima frittata, tutto purché non solo sode (che comunque ci devono essere). Volendo mutuando dalla spagna si potrebbe aggiungere il Pan a la Catalana, che ricorda un po’ un nostro bruschettone al pomodoro (grande must della cucina italiana all’estero). Ai nostri fornitori di prodotti dolciari potremmo iniziare a chiedere oltre a cornetti e danesi, anche qualche dolce tipico americano, quali muffin e donuts, di moda oggi anche dalle nostre parti, aggiungerei magari anche qualche croissant salato e, soprattutto, pane di qualità insieme a delle baguette affettate. Ah, le “Ferratelle” abruzzesi e laziali sono famosissime in Nord America e il waffle è praticamente la stessa cosa, come anche i cannoli siciliani sono pressochè imprescindibili…

Se avete la possibilità o l’interesse, le pancake ormai sono un prodotto globale e alla fine non richiedono una grandissima preparazione, allo stesso tempo uno dei piatti preferiti dell’american breakfast è il french toast, che alla fine non differisce poi tanto da una nostra mozzarella in carrozza. Basilare è la frutta fresca in abbondanza e già tagliata, non solo macedonia.

Un capitolo particolare lo riserviamo invece per la verdura fresca, questa in realtà è amata principalmente nei paesi che si affacciano sul mediterraneo e nel mondo arabo in generale: cetrioli freschi, pomodori, olive, carote insieme ad una ciotolina di olio d’oliva e magari qualche dattero. Se unirete a ciò qualche formaggio di buona qualità (non soltanto le fettine già pronte) e della fesa di tacchino, ecco che potrete offrire una colazione adatta anche all’osservanza di determinate regole religiose, fondamentali ad esempio in favore dei clienti israeliani.

Rimanendo sui formaggi, la mozzarella fiordilatte, il parmigiano a cubetti, la ricotta, i formaggi piemontesi a pasta semi molle o anche un bel taleggio (o anche qualcosa di più commerciale a pasta molle) garantiranno un sicuro successo, perchè emblemi dell’Italian Style, e prodotti rinomati in tutto il mondo.

Alla base di ciò, ricordatevi che i popoli più nordici, Russi compresi, preferiscono colazioni calde e salate, molti popoli ad esempio amano le patate quindi quelle italiane al forno possono essere una risposta e, nel caso tutt’altro che sporadico che qualcuno vi chiedesse degli alcolici… Non stupitevi troppo. Anzi, fino a parecchi anni fa era buona consuetudine offrire a colazione lo champagne, in molti alberghi di lusso ciò avviene ancora… Ma lasciare una bottiglia di prosecco ben fresco non pensate potrebbe essere un’idea?

L’attenzione ai particolari è fondamentale

I problemi li troviamo quando dobbiamo incontrare le colazioni asiatiche. Qui la questione per noi si fa dura, siamo all’antitesi di ogni nostra abitudine, però chi vuole aprirsi a questi mercati deve iniziare a porre attenzione a determinati particolari. Le tre principali tradizioni che possiamo considerare sono quelle arabe, quella indiana e le estreme orientali, tra cui quella cinese.
le prime oltre a quanto detto sopra richiederebbero l’Hoummous (purea di ceci) o la salsa di melanzane, da abbinare ai falafel e magari a delle kofte, con i dolci tipici quali la baklava… Ancora più difficile la colazione indiana, estremamente regionalizzata ma che a grandi linee include lenticchie, delle salsicce vegetariane, nan, tofu etc. Ma la vera bestia nera per noi è più a oriente, dove la colazione base è in media fatta da noodles in brodo con verdure, riso al vapore, pollo o maiale stufati, pesce speziato, gamberi, verdure fritte e, soprattutto, tanto tanto aglio…

Non c’è nulla da fare, se si vuole rispondere a queste esigenze è necessario predisporre apposite procedure, mi permetto tuttavia di ricordare, in particolare per alberghi dotati di risorse e servizi in grado di muoversi agevolmente in tal senso, che la cucina italiana ha già al suo interno prodotti simili. E per chi comunque vuole fare qualcosa a basso costo, mettere accanto ai salumi del salmone affumicato non è un azzardo eccessivo, come anche comprare i noodles già pronti a cui bisogna aggiungere solo acqua calda. Costi esigui ma resa sicura verso il pubblico.

Ultimo ingrediente, la caffetteria. Accanto a espresso e cappuccino, iniziate a pensare di offrire caffè filtro, preparate una buona selezione di the e tisane, ricordate che agli argentini piace il Mate (e con Papa Francesco quanti ne verranno…), succhi di frutta abbondanti e magari un pensiero alle centrifughe.

Naturalmente tutto questo tenendo conto anche della presentazione, l’occhio vuole la sua parte, non scordatevelo. Colori, fiori, movimento e profumi di gradevoli. Ovviamente tutto ciò non deve essere fatto a priori, vi do soltanto degli spunti e delle idee di marketing. So benissimo che parliamo di costi, magari alcune di queste idee potrebbero fare parte di un menu alla carta che, come accade sempre più spesso all’estero, preveda una parte nazionale e una parte internazionale (in Asia si trova spesso Asian food e Western food). Pensate comunque che questa gente cerca sapori familiari quando viene da noi e non è detto che debba essere per forza interessata a mangiare locale, ma gli alberghi italiani all’estero, tipo a Sharm el Sheik non fanno lo stesso con noi?

Il nostro fine non è pedagogico ma il profitto, e per concludere con una battuta… Franza o Spagna, purchè (appunto) se magna! Nel rispetto della tradizione ma con furbizia.

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Pubblicato il: 3 Marzo 2015

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